giovedì 30 aprile 2009

LA FANTASCIENZA DI "THE BODYSNATCHERS"

Di Raffaele De Fazio

Ogni volta che un lettore acquista un fumetto fa una scommessa. Scommette, puntando i propri soldi, che una sequenza d'inseguimento intravista sfogliando l'albo oppure un barlume di storia percepito durante una fugace occhiata tra pag. 5 e pag. 12 possano tramutarsi, dopo attenta lettura, in una vibrazione positiva, in una sensazione di appagamento per gli occhi e per la mente. Talvolta tutto questo accade ed il ricordo di quella vibrazione positiva affiorerà ogni volta che qualcuno gli chiederà un consiglio su cosa leggere nel vasto mondo dell'Arte Sequenziale.
Ma a volte anche un editore, soprattutto se medio-piccolo, fa una scommessa. Scommette che riuscirà a dare a questi lettori proprio quello che cercano: una storia elaborata ed emozionante, un disegno profondo e dinamico, unico, inedito, eppure accattivante, come se fosse il tratto di un vostro caro amico che non vedete da un po'.
Poi ci sono le storie e i personaggi.
A volte ci sono cassetti troppo piccoli oppure troppo fragili per poter contenere l'amalgama di idee e sequenze, di schizzi grossolani e dipinti meravigliosi, di scarti e rammendi che in definitiva vanno a creare il Mondo che avete tra le mani. E quando mai un cassetto è stato in grado di contenere un mondo?
Il disegnatore di questo albo (ovvero il proprietario del cassetto) è Pako Massimo, un nome da imperatore del Messico ma saldamente radicato nella realtà partenopea; una specie di orso bruno napoletano insegnante da sempre alla Scuola del Fumetto di Napoli e docente presso l'Accademia di Belle Arti (mica cazzi!). Con un curriculum così ha provato a tenere saldamente chiuso quel cassetto, finché a scardinarlo ha provveduto lo sceneggiatore di questa storia, Marco Castagna. Questo psicopatico salentino, dopo una gioventù spesa ad inalare i fumi dell'Italsider di Taranto approda alla corte di Federico II destreggiandosi tra le esigenze federiciane e le bisogne bassoliniane presso la Regione Campania. Con un curriculum così, per salvarsi, poteva solo buttarsi nel mondo del fumetto.
Dall'incontro/scontro tra un orsetto del cuore idrofobo ed un filosofo pugliese nasce il mondo di The Bodysnatchers (nelle due immagini, la copertina e una tavola del numero 1).
Immaginate una Napoli distopica in cui l'emergenza rifiuti si è inesorabilmente trasformata in "emergenza rifiuti umani": questa è Ecumenopolis. Governata dagli Aristos, un'oligarchia spietata ed insensibile, indifferente ai destini delle masse, in una società dove la merce più preziosa sul mercato sono i pezzi di corpi umani, merce di lusso per gli Aristos e salvezza delle masse povere, in mercati neri improvvisati, per la popolazione. Conoscerete le Eightball, il braccio armato di un governo reazionario; e i Bodysnatchers, i trafugatori di corpi ed anima segreta della città. Poi, addentrandovi nei vicoli della metropoli, incontrerete Martha e tutto inizierà.
Ma adesso basta! Dopo tutto, io odio le prefazioni che mi sgamano la storia.
Benvenuti nel Futuro.
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Nota: Questo testo di Raffaele De Fazio fa da introduzione al numero 1 della serie a fumetti The Bodysnatchers, scritta da Marco_C (Marco Castagna) e disegnata da Pako Massimo. Il volumetto, edito da GG Studio e in vendita nelle librerie specializzate al prezzo di 5.90 euro, è stato presentato in anteprima durante l'edizione 2009 di Napoli Comicon.

mercoledì 29 aprile 2009

LO STRANO CASO DEGLI ADELPHI RIPREZZATI

Di Diego Del Pozzo

Questa vuol essere una segnalazione di servizio, rivolta a tutti quei lettori-acquirenti che si recheranno nel punto vendita La Feltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli - non so se la cosa avviene anche altrove - per acquistare i libri Adelphi messi in vendita, in questo periodo, con lo sconto del venticinque per cento sul prezzo di copertina.
Ebbene, cosa accade di così strano in questa libreria napoletana? E' presto detto: osservando la quarta di copertina di molti volumi (non tutti) compresi nella succitata promozione si noterà il prezzo coperto da un adesivo recante una cifra maggiorata di un euro - basta sollevarlo - rispetto a quella originariamente stampata sulla copertina del libro. In tal modo, dunque, lo sconto applicato non sarà davvero del venticinque per cento, ma decisamente minore.
Da parte mia, non so se questa vergognosa furbata sia farina del sacco della casa editrice Adelphi o dei responsabili nazionali Feltrinelli, o più semplicemente degli addetti del punto vendita in questione. Ciò che so con certezza è che tale modus operandi è lo stesso di quei negozietti di abbigliamento poco affidabili che, durante il periodo dei saldi, espongono sui capi in vendita quegli odiosi cartelli recanti un prezzo chiaramente maggiorato rispetto a quello reale, affiancandogli poi quello scontato o, in alternativa, l'indicazione della percentuale di sconto falsamente applicata.
Tale modo di agire, sia nel caso Feltrinelli/Adelphi sia in quello dei torbidi negozietti, è descritto nella lingua italiana con un termine piuttosto chiaro e comprensibile a tutti.
Il termine in questione è "truffa".

martedì 28 aprile 2009

IPSE DIXIT: ALAN MOORE

"Per come la vedo io, una storia riuscita, di qualunque tipo sia, dovrebbe somigliare molto all'ipnosi: cominciate ammaliando i lettori con la vostra prima frase, li attirate sempre più a voi con la seconda, e li mandate dolcemente in trance con la terza. Dopodiché, stando molto attenti a non svegliarli, li trasportate nei cortili della vostra narrazione, e quando saranno ormai del tutto perduti all'interno della storia, essendosi arresi al suo flusso, li colpite orribilmente con una mazza da baseball e li conducete doloranti all'uscita nell'ultima pagina. Credetemi, vi ringrazieranno".

Alan Moore
(Writing for Comics, ProGlo Edizioni, 2007)

domenica 26 aprile 2009

I VINCITORI DEI PREMI MICHELUZZI - COMICON

Di Diego Del Pozzo

Sono stati resi noti, nell'ambito dell'undicesima edizione di Napoli Comicon, i vincitori dei tradizionali premi Attilio Micheluzzi - Comicon 2009.
La giuria composta da Tanino Liberatore (presidente), Vincenzo Cerami, Massimo Iovine, Edoardo Sant'Elia e Giorgio Franzaroli ha deciso di premiare, nelle diverse categorie in gara, i seguenti autori e testate:
1) Migliore fumetto: In Italia sono tutti maschi, di Luca de Santis e Sara Colaone (Kappa Edizioni);
2) Migliore serie a fumetti realistica: Julia (Sergio Bonelli Editore);
3) Migliore serie a fumetti umoristica: Don Zauker (Mario Cardinali Editore);
4) Migliore disegnatore: Alberto Ponticelli, per Blatta (Leopoldo Bloom Editore);
5) Migliore sceneggiatore: Michele Petrucci, per Metauro (Tunué);
6) Migliore fumetto estero: Laika, di Nick Abadzis (Magic Press);
7) Migliore serie a fumetti estera: La guerra di Alan (Coconino Press);
8) Migliore storia breve: Scòz chiede a Paz, di Filippo Scòzzari su XL n°. 36 (Gruppo Editoriale L'Espresso);
9) Migliore blog o webcomic: InkSpinster, di DeCo (http://www.inkspinster.com/);
10) Migliore riedizione di un classico: Gian Burrasca e altre storie, di Aa.Vv. e Gianni De Luca (Black Velvet Editrice).
Nell'elenco figurano, come di consueto, tanti nomi nuovi del fumetto italiano più indipendente e meno banale, a conferma della funzione di "osservatorio" che il Comicon ha fin dalla nascita.
Anche quest'anno, la manifestazione napoletana si chiude all'insegna del successo di critica e pubblico, con numeri significativi dal punto di vista dell'affluenza (gli organizzatori parlano di 26.000 biglietti venduti in tre giorni). Molto apprezzati dagli appassionati sono stati, in particolare, i tanti incontri con gli artisti italiani e internazionali presenti al Comicon: da Tanino Liberatore a Leo Ortolani, dagli artisti della Cina a Danijel Zezelj, da GiPi a Eduardo Risso, da Massimo Carnevale e Roberto Recchioni ai giovani di Futuro Anteriore, da Alan Davis e Isabel Kreitz a Phil Ortiz e Bill Willingham, fino a Bastien Vivès, Mathieu Sapin, Angel de la Calle, Paco Roca e altri ancora. "L'edizione 2009 - ha chiosato il direttore artistico, Luca Boschi - conferma che la convention più a Sud d'Italia è anche quella dal respiro più internazionale tra quelle italiane. Questa undicesima edizione ha catalizzato l'attenzione di operatori del settore e addetti ai lavori, appassionati dell'immagine (dal fumetto ai disegni animati all'illustrazione) e mondo della cultura in generale, confermando la portata cosmopolita e trasversale di Comicon".In chiusura, va ricordato che mentre il festival vero e proprio chiude i suoi battenti stasera, le mostre allestite al livello del Carcere Alto di Castel Sant'Elmo (nella foto qui sopra) resteranno aperte e visitabili fino a venerdì 1 giugno, così come molti appuntamenti del circuito di Comic(On)Off diffuso attraverso tutta la città di Napoli.

LA CONTAGIOSA SIMPATIA DI LEO ORTOLANI

Di Diego Del Pozzo

Tra i protagonisti di Napoli Comicon 2009, la palma del più simpatico va certamente a Leo Ortolani, il vulcanico autore di Rat-Man, testata "di culto" e di massa al tempo stesso, capace anche quest'anno di conquistarsi un paio di nominations per i premi Micheluzzi.
Ho incontrato Ortolani nell'atmosfera gioiosa e rilassata del festival partenopeo, ricordando interviste del passato e facendo il punto sul presente di entrambi. "Anche in questo momento - ha raccontato Leo - ho tante idee che mi frullano per la mente e che vorrei realizzare. Come al solito, però, è il tempo a mancare. Per esempio, ho visto recentemente il nuovo film del Punitore ancora inedito in Italia e, come mi capitò già con quello di alcuni anni fa, mi sono scompisciato dalle risate: per questo, nel momento dell'uscita italiana, mi piacerebbe realizzarne una parodia. Ma vedremo...".
Ortolani, a tale proposito, si è soffermato anche sul recente boom dei supereroi al cinema. "Direi - ha spiegato - che rappresenta la risposta ideale alla mancanza assoluta di idee che regna a Hollywood. Inoltre, i responsabili degli Studios si sono resi conto che quello derivante dai fumetti supereroistici è un filone estremamente redditizio, che tra l'altro può produrre ottimi esiti dal punto di vista tecnico grazie al miglioramento degli effetti speciali rispetto a qualche anno fa".
A proposito del suo personaggio più famoso e amato, che nacque proprio come parodia dei supereroi più celebri, Leo Ortolani ne ha analizzato l'evoluzione recente. "Ogni autore - ha concluso Leo - mette sempre se stesso nelle sue creazioni; e ciò vale anche per me. Per questo motivo, dunque, le storie e il carattere di Rat-Man sono via via diventati più complessi, col trascorrere del tempo, parallelamente alle esperienze nuove che ho maturato negli anni. Da semplice parodia dei supereroi a fumetti, allora, il personaggio si è trasformato in qualcosa di più articolato, anche perché, a mia volta, io mi stufo facilmente e cerco sempre di trovare nuove strade da battere e nuovi temi da affrontare".
Dopo quest'ultima riflessione, la chiacchiera rilassata ha lasciato spazio alle foto, firme, disegni con i quali accontentare i tantissimi fans di colui che qualche anno fa - ai tempi delle interviste che ho citato in apertura - ebbi a definire, con una iperbole contenente comunque un fondo di verità, "il più grande autore Marvel vivente".

sabato 25 aprile 2009

INCONTRO AL COMICON CON TANINO LIBERATORE

Di Diego Del Pozzo

La seconda giornata di Napoli Comicon è stata caratterizzata dagli incontri pubblici con tanti grossi nomi del fumetto italiano e internazionale, dal britannico Alan Davis ai "nostrani" - al tempo stesso, però, molto noti e amati pure all'estero - Massimo Carnevale, Leo Ortolani e Tanino Liberatore (qui nella foto).
In particolare, quest'ultimo - da ospite d'onore della manifestazione napoletana - ha voluto spiegare genesi e significati del manifesto ufficiale di Comicon 2009, da lui realizzato. "Ho pensato a come visualizzare al meglio il giallo, che è il colore-tema - ha sottolineato - di questa edizione del festival. Al tempo stesso, ho cercato di catturare quello che per me è il senso stesso di Napoli, città che mi piace sempre di più, ogni volta che la visito: e, da questo punto di vista, il giallo per me rappresenta il colore della pietra di tufo. Al centro del manifesto, però, mi è piaciuto mettere un personaggio femminile che incarnasse, in qualche modo, la mia idea delle donne napoletane".
A Liberatore è dedicata la mostra principale del Comicon, "Un Michelangelo post-moderno", che come le altre esposizioni del salone resterà allestita nel carcere alto di Castel Sant'Elmo fino a venerdì 1 giugno, ben oltre la chiusura della manifestazione vera e propria, dunque. "Questa mostra - ha aggiunto Liberatore - descrive abbastanza bene il mio lungo percorso di illustratore e fumettista. Devo dire, anzi, che pensavo sarebbe stato più difficile raccogliere abbastanza materiale d'archivio per allestirla, invece alla fine abbiamo dovuto persino scartare qualcosa".
Interessanti, poi, le cose che Tanino Liberatore ha detto nel corso dell'incontro con la stampa tenuto assieme a Leo Ortolani. "Per me realizzare fumetti è davvero stancante, perché io ho un tipo di disegno troppo dettagliato e minuzioso. Per questo motivo, come forma di espressione - ha concluso - continuo a preferire l'illustrazione pura, basata su un'unica immagine: racchiudere tutto in quell'immagine continua a essere il modo di narrare che amo di più".

venerdì 24 aprile 2009

AL COMICON "UNA FIRMA PER IL FUMETTO"

Di Diego Del Pozzo

Tra i momenti di maggiore interesse della giornata inaugurale di Napoli Comicon va segnalato, sicuramente, l'incontro col maestro Ivo Milazzo (qui sotto, nella foto) - ovvero l'ideatore grafico di Ken Parker - sull'annosa questione del diritto d'autore a tutela di coloro che creano fumetti.
Proprio Milazzo è già da qualche tempo promotore di una importante iniziativa denominata "Una firma per il fumetto": si tratta di un'azione finalizzata all'integrazione della legge italiana sul diritto d'autore, che risale ancora al decennio fascista e non riconosce ufficialmente l'esistenza degli autori di fumetti. Per capire la gravità della situazione, basti pensare che la Spagna, giovane democrazia europea, ha rinnovato la legge sul diritto d'autore nel 1996; la Francia lo ha fatto il 1 Gennaio 2008; mentre l'Italia è ancora ferma a quella del 1941.
Così, oggi al Comicon Ivo Milazzo ha potuto spiegare dettagliatamente i termini del problema, assieme ad altri importanti autori come Phil Ortiz (The Simpsons) e Alfredo Castelli (Martin Mystère), oltre a Luca Boschi (direttore culturale del salone partenopeo), lo scrittore Vincenzo Cerami e il giornalista Edoardo Sant'Elia. "L'iniziativa 'Una firma per il fumetto' - ha sottolineato Milazzo - vuole supportare l'azione di quelle forze politiche che, da dieci anni a questa parte, stanno cercando di portare all'attenzione del Governo di turno la carenza legislativa riguardante gli autori di fumetti che, ancora oggi, non sono citati in maniera specifica nella legge sul diritto d'autore. Ognuno di noi, infatti, è tutelato soltanto per derivazione dalla stessa legge e dal diritto europeo, ma di fatto non è riconosciuto come facente parte di una specifica categoria dallo Stato, che percepisce, però, le nostre tasse. Per due volte, nel 2000 alla Camera e nel 2004 al Senato, è stata presentata una proposta di legge atta a integrare la legge 633 del 22 Aprile 1941 con una normativa di base che regolamentasse il principio creativo che ci riguarda, così come è stato fatto in passato per la musica, il cinema, la scrittura, la fotografia. Finora, però, non si è ancora arrivati a risolvere l'annosa questione. Per questo motivo - ha concluso Milazzo - ho pensato a una lettera-appello sottoscritta da persone di cultura come Umberto Eco, Vincenzo Cerami, Goffredo Fofi, Giulio Giorello, Moni Ovadia, Vincenzo Mollica e tanti altri, in modo da dimostrare la nostra ferrea volontà a ottenere quello che è semplicemente un nostro diritto. Fino a oggi, abbiamo già raccolto centinaia di firme tra gli addetti ai lavori e i rappresentanti della cultura italiana".
Il testo della lettera, che ogni vero appassionato di fumetti dovrebbe firmare, è consultabile anche su Internet, in un blog realizzato per l'occasione.

giovedì 23 aprile 2009

DOMANI APRE NAPOLI COMICON 2009

Di Diego Del Pozzo

Si aprirà domani, nella suggestiva cornice del Castel Sant'Elmo di Napoli, l'undicesima edizione di quella che, ormai, rientra a tutti gli effetti nel ristretto novero delle più interessanti manifestazioni fumettistiche italiane: stiamo parlando, ovviamente, di Napoli Comicon (qui sotto un dettaglio del manifesto ufficiale). Il salone internazionale del fumetto e dell'animazione quest'anno sarà dedicato al tema del "giallo", filo conduttore che - riprendendo la sequenza cromatica della stampa tipografica a colori (CMYK) - segue il "ciano" e "magenta" degli anni scorsi e anticipa il "nero" della prossima edizione.
Napoli Comicon andrà avanti, come di consueto, lungo l'intero fine settimana, con chiusura prevista dunque, per domenica 26 aprile.
Oltre alle iniziative in programma a Castel Sant'Elmo, però, il Comicon toccherà, anche quest'anno, tanti altri luoghi della città di Napoli, con la gradita novità del museo MADRE, che ospiterà la mostra Urban Superstar Show. Il programma completo degli altri eventi previsti al di fuori del salone vero e proprio, cioè quelli della sezione denominata Comic(on)off, è consultabile sul sito ufficiale della manifestazione.
Tornando all'interno di Castel Sant'Elmo, invece, l'edizione 2009 di Napoli Comicon propone un'offerta culturale ricchissima, con esposizioni d'alto livello, tra tavole originali e scenografie d'impatto, incontri con gli autori, dibattiti, presentazioni di novità editoriali, anteprime e rassegne cinematografiche (grande attesa per i venti minuti in anteprima mondiale di X-Men Origini: Wolverine - nella foto qui sotto, una scena del film - e per la maratona dedicata a Watchmen), eventi live, iniziative spettacolari e concorsi per tutti i gusti.
Ospite d'onore di questa edizione è il grande Tanino Liberatore, al quale è dedicata la mostra principale del salone. Tra i tanti grandi autori presenti in questi giorni a Napoli vanno segnalati, poi, almeno altri "big" del calibro di Alan Davis, Bill Willingham, Danijel Zezelj, Eduardo Risso, Massimo Carnevale, Leo Ortolani, Gipi, Ivo Milazzo.
Insomma, da domani a domenica, Napoli si trasforma ancora una volta nella capitale italiana dell'arte sequenziale, per la gioia di tutti gli appassionati di questa straordinaria forma d'arte e d'espressione.

lunedì 20 aprile 2009

BRUTTA NOTIZIA: JAMES BALLARD NON C'E' PIU'

Di Diego Del Pozzo

Stamattina ho ricevuto una brutta notizia via e-mail; una notizia davvero spiacevole, per tutti gli amanti della letteratura più visionaria e, al tempo stesso, attenta ai mutamenti delle dinamiche sociali: ieri, a 78 anni, è morto James Ballard, una tra le voci più significative e originali della letteratura in lingua inglese della nostra epoca.
A stroncarlo è stato l'aggravarsi della lunga malattia che lo aveva colpito qualche anno fa. Ballard l'ha descritta in un intenso capitolo della sua recente autobiografia I miracoli della vita, edita in Italia da Feltrinelli. "Nel giugno del 2006, dopo un anno di dolori - scrive Ballard - e di disagio che attribuii all'artrite, uno specialista mi confermò che soffrivo di un cancro alla prostata a uno stadio avanzato, e che il tumore si era esteso alla spina dorsale e alle costole. Curiosamente, l'unica parte della mia anatomia che non sembrava toccata era proprio la prostata, un fenomeno comune in questa malattia. Ma una risonanza magnetica nucleare, una faccenda antipatica che implica lo stare disteso in una bara con dei microfoni attaccati, non lasciò dubbi. Originatosi nella prostata, il cancro mi aveva ormai invaso le ossa...".
James Graham Ballard, nato nel 1930 a Shanghai, è unanimemente considerato come uno tra i più interessanti e originali scrittori inglesi contemporanei. Innovatore della letteratura fantascientifica, si concentra ben presto sugli effetti che la modernità produce sulla psiche umana e sulla società. Ha scritto il suo primo romanzo, Il mondo sommerso, nel 1961. Da Crash, pubblicato nel 1973, David Cronenberg ha tratto l'omonimo film; mentre L'Impero del Sole, apparso nel 1984, sull'esperienza autobiografica in un campo di prigionia, è stato portato sul grande schermo da Steven Spielberg.
Tra gli altri suoi titoli, vanno ricordati almeno La mostra delle atrocità, Il condominio, Millennium People, Foresta di cristallo, Regno a venire, L'isola di cemento, Un gioco da bambini, Cocaine Nights, Il paradiso del diavolo e, appunto, l'autobiografia I miracoli della vita.
Addio, dunque, maestro lucido e visionario! Riposa in pace! I tuoi capolavori continueranno a vivere per sempre!

domenica 19 aprile 2009

IPSE DIXIT: FRANCO VOLPI

"Sbagliano quelli che pensano che la vita si spiega con la filosofia. Per quanti sforzi il pensiero faccia, il risultato è sempre lo stesso: la filosofia arranca dietro la vita che se la ride".

Franco Volpi
(1952 - 2009)

Franco Volpi, storico della filosofia tra i più raffinati dell'attuale panorama internazionale, è venuto a mancare martedì 14 aprile, a 57 anni, dopo essere stato investito da un'automobile mentre passeggiava sulla sua bicicletta. Negli anni, Volpi ha scritto centinaia di saggi e articoli, ma soprattutto ha tradotto e curato le opere di Gadamer, Schopenauer, Carl Schmitt, Rosa Luxemburg e Heidegger, del quale è stato, probabilmente, il massimo interprete italiano.

sabato 18 aprile 2009

THE GHOST OF STEFANO D'ORAZIO

Di Vincenzo Esposito

Quanto sto per scrivere dispiacerà ai fan dei Pooh, lo so: ma proprio non riesco a fare a meno di pensare che la pubblica dichiarazione di divorzio di Stefano D'Orazio dai suoi vecchi amici abbia il sapore della... paraculata!
Il Nostro decide di lasciare il gruppo in cui ha militato per quasi 40 anni, e lo fa proprio alla vigilia di un nuovo album e un nuovo tour. Che combinazione. E non è che il riccioluto batterista abbia escluso di andare in tournée: no, anzi, ha dichiarato che suonerà comunque in tutti i concerti; e ha perfino predetto quando scenderà definitivamente dal palco, il 26 settembre 2009, alla fine del giro d'Italia. Ma allora mi chiedo: non poteva aspettare ancora un po'? Da quando lo scioglimento di un gruppo musicale si annuncia con 6 mesi di anticipo: si tratta dei Pooh, mica delle camere del Parlamento! E francamente, non credo nemmeno che Facchinetti, Canzian e Battaglia abbiano bisogno di tempi tecnici per eleggere il sostituto di un drummer non proprio insostituibile.
Cosa penseranno i fan in questi sei mesi in cui i Pooh - tutti per uno - continueranno tranquillamente ad apparire in pubblico, con Stefano D'Orazio ancora ben saldo dietro a quei tamburi che a fatica ha imparato a scuotere? Chi sarà l'uomo che vedranno, fino a settembre, seduto sullo scranno al riparo da montagne di tom e piatti mai utilizzati? D'Orazio o il suo fantasma?
C'è da scommettere: Sarà un solo lungo fiume di lacrime fino alla fine dell'estate; da Trento a Trapani tutti a piangere per un ectoplasma che ha promesso di andarsene, ma sta ancora lì, legnoso come sempre. Qualcuno prenoti i fazzoletti, o almeno i ghostbusters, per favore.
Che il nostro fosse il paese delle persone attaccate alle poltrone lo si sapeva, ma che fosse anche il paese dei batteristi aggrappati allo sgabello, no!
Mi permetto, infine, di avanzare una previsione: finito il tour, i “Fab 4 de noialtri” andranno in vacanza, e entro la fine del 2010 faranno partire un “Reunion Tour” per festeggiare il ritorno di un fantasma mai sparito.

giovedì 16 aprile 2009

A NAPOLI IL CINEMA "RILEGGE" LA CAMORRA

Dal 20 al 24 aprile, l'Accademia di Belle Arti di Napoli ospiterà la rassegna "Cinema e Storia", a cura degli storici del cinema Vincenzo Esposito, Mario Franco e Pasquale Iaccio. Quest'anno, l'iniziativa sarà intitolata Camorra / A Fuoco e proporrà una serie di film attraverso i quali analizzare il fenomeno della criminalità organizzata nel Napoletano. Oltre alle proiezioni, "Cinema e Storia" offrirà i consueti momenti di dibattito e confronto sui temi suggeriti dalla visione dei vari film.
Promossa dall'Accademia napoletana assieme all'Università degli Studi di Napoli "Federico II", alla Ficc - Federazione Italiana dei Circoli del Cinema e all'Arci Movie di Ponticelli, l'iniziativa propone film, documentari e lavori teatrali prodotti nell'arco di tempo compreso tra il 1952 e il 2008, gli anni di uscita, rispettivamente, dei film Processo alla città di Luigi Zampa e Gomorra di Matteo Garrone, tratto dal libro di Roberto Saviano. (d.d.p.)

mercoledì 15 aprile 2009

ROSSELLINI SECONDO GODARD

Di Diego Del Pozzo

Ho riletto in questi giorni alcune lucide riflessioni di Jean-Luc Godard su Roberto Rossellini. Le ho ritrovate in quell'interessante e provocatorio volume godardiano intitolato Introduzione alla vera storia del cinema, pubblicato in Italia dagli Editori Riuniti nel 1982.
Ecco, dunque, qui di seguito alcuni stralci, nei quali Godard si sofferma su tre celebri capolavori rosselliniani come Roma Città Aperta, Germania Anno Zero ed Europa '51.
"Roberto Rossellini mi ha certamente influenzato - scrive Godard - perché aveva uno stile didattico che a quell'epoca a me piaceva molto. […] Però attenzione, occorre sfatare una certa leggenda su Roma Città Aperta e sul neorealismo italiano, e cioè che sarebbero dei film fatti con dei pezzettini di stracci. Sono film fatti con dei mezzi. Basterebbe far vedere le foto di lavorazione, dove ci sono le gru, i carrelli, la troupe… Roma Città Aperta era un film ricco. E' stato girato sia per la strada che in teatro. E sono film tecnicamente molto forti. Roberto era un tecnico notevolissimo; ha anche inventato certi apparecchi tecnici come un certo zoom che adoperava lui, per pigrizia, ma che gli permetteva di restar seduto sulla sedia e di azionare lo zoom guardando… E' il modo come lavora oggi la televisione, e lui l'aveva inventato per il cinema. […] In Germania Anno Zero, che è un film assolutamente fantastico - nel puro senso del termine - vediamo la fine dei mostri, vediamo - prosegue Godard - cosa sta nascendo e vediamo come uno, che è un po' un bambino e non vuole essere un mostro, finisca con lo sparire anche lui. […] All'epoca, certo, mi era piaciuto molto; ma soprattutto perché ammiravo Roberto… Ma a rivederlo oggi… Sono assolutamente sbalordito… Mica avevo visto, mica avevo capito. E oggi solo capisco, perché ho fatto uno o due film con dei bambini - non perché ne abbia, al contrario perché non ne ho - e lì ho capito di colpo, ho capito che a questo bambino gli stavano rimpinzando la testa, il corpo, tutto, con roba troppo grande per lui… E nel momento in cui lui se ne rende conto… La cosa non poteva più andare; lui vendeva sigarette, faceva… faceva solo cose che fanno i grandi, che fanno i genitori… e in realtà… beh, la città aveva un bell'essere stata distrutta, lui era un mostro che non voleva essere un mostro. […] Penso che Europa '51 sia un esempio più pertinente di Viaggio in Italia perché Rossellini era già passato ad un periodo un po' diverso. Filmava sempre molto l'ambiente in cui il personaggio si muove, ma in quest'altro film era già più la storia di una coppia ad avere importanza, che non la storia del mondo in cui essa si trova, e dove i personaggi e i tipi sono collocati - conclude Godard - come una delle tante particelle, uno dei tanti pezzi di quel tale mondo".

martedì 14 aprile 2009

TELEVISIONE E SERIALITA'

Di Diego Del Pozzo

La serialità è diventata, sempre di più negli ultimi anni, la categoria dominante nell'universo delle immagini in movimento, tra cinema, televisione, Internet, videogames, dvd e nuove tecnologie. Sembra, anzi, essere ormai l'unica struttura in grado di fronteggiare la frantumazione delle opere e la loro sopravvivenza all'interno di media sempre differenti, assumendo, quindi, le caratteristiche tipiche di un vero e proprio "genere".
Tra i tanti media, comunque, proprio la televisione - attraversata, per sua stessa natura, da flussi ininterrotti di immagini ciclicamente (ri)proposte - resta ancora oggi il luogo privilegiato nel quale la serialità si dispiega, quello ideale per tutto ciò che non può e non deve avere mai fine. E, nell'ambito di questo medium, proprio il genere fiction si propone come il più adatto al pieno manifestarsi di caratteristiche seriali. Negli Stati Uniti, la fiction televisiva è fortemente connotata in senso seriale fin dagli anni Cinquanta, quando assume come suoi modelli di riferimento i radiodrammi a puntate, i racconti dei "pulp magazines" (a fumetti e non) e i serial cinematografici di Serie B. In Italia, invece, la tv dei primi decenni guarda in altre direzioni per allestire i propri "tele-romanzi", preferendo proporre testi narrativi unici e ben riconoscibili, spesso di derivazione teatrale o letteraria: è la tradizione del classico sceneggiato "all’italiana". Proprio il passaggio da questo tipo di prodotti di fiction a quelli seriali va considerato, qui da noi, come uno tra gli elementi decisivi nella transizione dalla cosiddetta "Veterotelevisione" alla "Neotelevisione".
Ci vuole poco, infatti, anche in Italia, perché i telespettatori si lascino catturare da questi prodotti televisivi "di nuova concezione", che invadono letteralmente i nostri palinsesti tra il 1980 e i 1983. Si tratta di serie televisive che propongono episodi "agganciati" l'uno all'altro, in una successione ininterrotta, senza che si possano stabilire né criteri di unicità e riconoscibilità del singolo testo né inizi e conclusioni definitivi. Tra l'altro, questi programmi ritornano tutti i giorni alla stessa ora e all'interno di una medesima sequenza, rifacendosi ai ritmi della giornata e determinando, in tale modo, una conseguente ritualità.
E' così che anche in Italia si realizza, dunque, quanto verificatosi negli Stati Uniti della seconda metà degli anni Cinquanta, col passaggio dalla tv in diretta realizzata a New York ai telefilm hollywoodiani preregistrati: la serialità conquista i teleschermi e la tv si avvicina sempre di più ai ritmi della vita quotidiana, ritualmente li "mima", vi si adatta e li adatta a sé e ai suoi programmi.

lunedì 13 aprile 2009

NOTERELLA SUL FILM "WATCHMEN"

Di Raffaele De Fazio

C'era grande attesa, un po' in tutto il mondo, per l'uscita del film ispirato a Watchmen. Come chiunque altro avesse già letto, riletto ed ampiamente sviscerato la graphic novel, però, mi sono trovato davanti, purtroppo, il solito ed in questo caso inevitabile "super-bignami".
A parte la masturbazione da "fanboy" di ritrovarmi molte vignette trasportate in fotocopia sul grande schermo, resta comunque la sensazione di vuoto o di aver assistito ad un'opera realizzata unicamente per chi avesse già letto il fumetto piuttosto che aperta al grande pubblico.
Quest'ultimo, di conseguenza, non ha premiato la pellicola di Zack Snyder come aveva fatto con quella sugli affabili e democratici ragazzi di Sparta. Purtroppo per il buon Zack, infatti, i personaggi di Alan Moore non sono monodimensionali come quelli di Frank Miller e, quindi, si sono dimostrati molto più difficili da trasporre efficacemente sul grande schermo.
Pertanto, l'unico giudizio che mi sento di dare sul film è che esso sta al fumetto di riferimento come il deludente Immortal Ad Vitam stava alla "Trilogia Nikopol" di Enki Bilal, il quale però, almeno, aveva diretto in prima persona la pellicola tratta dal suo capolavoro a fumetti.
Poi fate un po' voi!

domenica 12 aprile 2009

IPSE DIXIT: NORMA DESMOND

"Io sono ancora grande, è il cinema che è diventato piccolo".

Gloria Swanson / Norma Desmond
(Viale del tramonto, Sunset Boulevard, Billy Wilder, 1950)

sabato 11 aprile 2009

IL "BOSS", L'OLIMPICO E I MONDIALI DI NUOTO

Di Vincenzo Esposito

Bruce Springsteen è uno degli artisti rock più amati dal pubblico italiano, ma non dalle istituzioni, a quanto pare.
A Milano, l'anno scorso il Comune multò l'organizzazione del Magic Tour perché l'artista americano si era permesso di sforare i tempi previsti di chiusura del concerto: in realtà, il Boss aveva semplicemente deciso di regalare un quarto d'ora di musica in più al pubblico italiano. Ora Roma, dove il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza ha deciso di spostare (o cancellare?) il concerto previsto per il 19 luglio allo Stadio Olimpico, perché coincide con l'inaugurazione dei Campionati del mondo di Nuoto, che avrà luogo nell'adiacente complesso sportivo del Foro Italico: una sconveniente concomitanza che potrebbe creare problemi di ordine pubblico, sostengono.
Eppure, i due eventi erano stati programmati minuziosamente da mesi: come mai ci si accorge solo ora di questa "coincidenza"? Dove era il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza quando gli organizzatori del nuovo tour di Bruce Springsteen, cinque mesi fa, chiedevano (e ottenevano) il regolare permesso di utilizzare l'Olimpico, e facevano partire anche la prevendita dei biglietti? Dove guardavano i dirigenti del Coni e del Comune di Roma mentre firmavano il nulla osta per la concessione dello stadio? Non avevano sulla scrivania un calendario cerchiato di rosso alla data 19 luglio?
Per fortuna, gli appassionati della musica di Springsteen si annidano ovunque: al Governo, ad esempio, abbiamo il buon Maroni, Ministro dell'Interno, le cui origini politiche demoproletarie, non completamente sopite, riemergono piacevolmente in queste occasioni. Il rocker Bobo ha, infatti, promesso che la situazione si risolverà al meglio, anche perché, a quanto pare, al concerto romano ci vuole essere anche lui. Già, tocca affidarci ad un leghista, perché gli altri, probabilmente, neanche sanno chi è Springsteen.
Il punto è proprio questo: cosa ascoltano i "sinistri" politici italiani? Cosa leggono, cosa guardano al cinema e in televisione? Li avete mai incontrati in una sala cinematografica o in una libreria? Hanno delle passioni brucianti? Non è una questione di poco conto: se al Coni o al Comune, qualcuno avesse davvero avuto la passione per lo sport non si sarebbe dimenticato della data delle inaugurazioni dei Mondiali di Nuoto mentre firmava il nulla osta per la concessione dello stadio.
Noi, gli appassionati di Springsteen, non dimenticheremmo mai che il 19 luglio ci sarà un grande concerto a Roma. E per questo ci saremo, con o senza l'inaugurazione dei Mondiali.

venerdì 10 aprile 2009

LYDIA LUNCH IN CONCERTO A NAPOLI

Di Diego Del Pozzo

Sarà senz'altro Lydia Lunch il personaggio più atteso della quarta edizione di obSESSIONS, la bella rassegna di rock live organizzata dall'agenzia Wakeupandream presso il teatro Galleria Toledo, in pieno centro storico di Napoli.
La manifestazione si aprirà giovedì 30 aprile e proporrà tre concerti di grande interesse fino a giovedì 21 maggio, data nella quale si esibirà, appunto, Lydia Lunch in un doppio set live programmaticamente intitolato That Was Then - This is Now - Deal With It!, all'interno del quale saranno prima ripercorsi gli esordi con i Teenage Jesus & The Jerks - paladini di quella "no wave" che portò al parossismo l'etica nichilista del punk - per poi lasciare spazio al suo progetto attuale "Big Sexy Noise" (nel quale la accompagnano i Gallon Drunk, al secolo James Johnston, Terry Edwards e Ian White). Le due parti dell'esibizione saranno intervallate dalla proiezione di video inediti della e sulla scena newyorkese degli anni Settanta, che ha proprio nella Lunch uno dei simboli "maledetti".
Insomma, quello con Lydia Lunch a Napoli sarà un appuntamento imperdibile, che offrirà la possibilità di vedere dal vivo questa temeraria icona della trasgressione e della rabbia femminile, una tra le più influenti e geniali performer del panorama internazionale nonché artista a tutto tondo che attraverso musica, libri, installazioni, film, video, fotografie, poesie ha saputo dare voce al dolore, all'annichilimento, alla violenza, alla brutalità della sottomissione e alla disperazione della vita quotidiana.
Prima del concerto di Lydia Lunch, obSESSIONS proporrà l'energico live set dei Massimo Volume (giovedì 30 aprile) e un doppio appuntamento, in un'unica serata, col Josephine Foster Trio e a seguire con Jamie Stewart, il fondatore degli acclamati Xiu Xiu, a Napoli in una inedita versione solista (mercoledì 13 maggio).
Tutti i concerti inizieranno alle ore 21.30 e costeranno 16 euro in prevendita oppure 18 euro presso il botteghino del teatro. Si potrà sottoscrivere anche un abbonamento per l'intera rassegna, al prezzo di 45 euro.
Per ulteriori informazioni, è possibile consultare i siti di Wakeupandream e di Galleria Toledo.

giovedì 9 aprile 2009

RICORDANDO "I TRE VOLTI..." DI MARIO BAVA

Di Diego Del Pozzo

I tre volti della paura (1963) di Mario Bava si compone di tre episodi - tratti da altrettanti racconti di Maupassant, Tolstoj e Cechov - che ben presto, tuttavia, si trasformano in vere e proprie esercitazioni teoriche sul tema della paura, grazie all'originale miscela di arte e artigianato tipica del cinema di Bava ma anche al contributo dell'anziano Boris Karloff, il quale introduce e chiude il film, interpretando inoltre il ruolo principale nel secondo episodio, il bellissimo I Wurdalak.
Proprio questo piccolo, grande "film nel film" - di argomento vampiresco - è tra le più rilevanti creazioni artistiche di Mario Bava: Karloff, ormai settantasettenne, offre una interpretazione memorabile nel ruolo del nonnino succhiasangue Gorka; tuttavia, ancora più notevole è l'abilità con la quale il regista riesce a creare un'ambientazione da incubo dalla quale non vi è risveglio, servendosi sapientemente della luce e dei colori (come il blu cobalto che "dipinge" le apparizioni dei vampiri), lasciando montare le attese, per poi sferrare il colpo con misurata maestria.
Gli altri due episodi del film, seppure inferiori a I Wurdalak, si segnalano, comunque, per alcune interessanti "riflessioni" sulla paura al cinema: nel primo, intitolato Il telefono, la regia di Bava riesce a sfruttare al meglio l'unico ambiente nel quale si svolge la storia, calandoci in una "realtà" opprimente e claustrofobica; nel terzo episodio, La goccia d'acqua, invece, è interessantissimo il modo nel quale la tensione e gli shock sono distribuiti con grande sapienza, ricorrendo a tutti i mezzi che il cinema mette a disposizione, con un uso essenziale del sonoro che, amplificato nel silenzio, contribuisce a creare una efficace atmosfera da incubo.
Nel finale de I tre volti della paura, Karloff saluta il pubblico, di nuovo nei panni del Wurdalak, galoppando via su di un cavallo sferzato dai rami della foresta: a questo punto, però, la macchina da presa, con un carrello all'indietro, scopre gli uomini della troupe che agitano alcune frasche davanti all'obiettivo, per creare la sensazione del movimento, mentre l'attore monta un cavallo finto, agitato da un macchinario.
Questa semplice e ironica sequenza può essere considerata il manifesto stesso di tutto il cinema di Mario Bava, poiché il regista, dopo aver catturato la nostra attenzione per l'intera durata del film e averci tenuti costantemente in uno stato di tensione, decide di svelare il "meccanismo della paura", mostrando i mezzi - poveri ma estremamente ingegnosi - della sua arte illusionistica, al tempo stesso prendendoci in giro per la nostra credulità e proponendo il migliore omaggio possibile alla sua "arte artigianale" e all'intero cinema fantastico italiano.

mercoledì 8 aprile 2009

ALF SJOBERG: UN MAESTRO NASCOSTO

Di Diego Del Pozzo

Tra i maestri nascosti del cinema europeo vi è, certamente, lo svedese Alf Sjoberg (1903 - 1980), autore di diciotto film realizzati tra il 1929 e il 1969. Impostosi su scala internazionale in particolare negli anni compresi tra il 1942 e il 1954, Sjoberg ha realizzato opere spesso modernissime per concezione e rigore stilistico. Con lui collaborò a più riprese, tra l'altro, anche il più giovane Ingmar Bergman, che scrisse, per esempio, la sceneggiatura di Spasimo, Premio speciale della giuria al festival di Cannes del 1944 nonché vertice del cinema sjoberghiano.
All'interno del suo cinema, Alf Sjoberg cala i drammi dei personaggi nella realtà sociale e politica del tempo, per farne, spesso, individui estraniati rispetto al mondo che li circonda, eroi solitari supportati soltanto dalla loro carica di umanità. Tema centrale dei film di Sjoberg è la ribellione contro i mille volti del potere, che, di volta in volta, può essere incarnato dalla tirannia nazista o da un sistema scolastico dispotico.
Tra le fonti di ispirazione del regista svedese, oltre al marxismo, particolare importanza rivestono la psicanalisi e l'espressionismo. In particolare, Sjoberg deve proprio al cinema espressionista un certo gusto per i forti contrasti di luci e ombre presenti nei suoi film, oltre all'interazione continua tra sogno e realtà.
Sjoberg affiancò alla produzione cinematografica anche una intensa e proficua attività teatrale, durante la quale mise più volte in scena drammi di Ibsen, Strindberg, Brecht, Shakespeare. Lo stesso Ingmar Bergman lodò più di una volta le regie teatrali di questo grande artista, come quando ebbe a dire: "Io non mi misi mai in concorrenza con Sjoberg. A teatro mi era superiore, questo era un dato di fatto che accettai senza amarezza. Le sue interpretazioni di Shakespeare erano, a mio parere, perfette. Non avevo niente da aggiungere, lui ne sapeva più di me".
Oltre ai capolavori Spasimo (1944) e La notte del piacere (1951, Palma d'Oro a Cannes), nella filmografia sjoberghiana vanno ricordati anche A rischio della vita (1940), Strada di ferro (1942), Iris, fiore del Nord (1946), Solo una madre (1949), Uccelli selvaggi (1955), Il giudice - Angeli alla sbarra (1960) e L'isola (1966).
Al regista svedese ha dedicato una bella e, purtroppo, oggi quasi introvabile monografia lo storico del cinema e scandinavista Vincenzo Esposito: il libro, edito da Nuova Arnica e intitolato Alf Sjoberg - Un maestro del cinema svedese (132 pagine, 7.75 euro), è il primo e finora unico contributo critico in lingua italiana dedicato all'opera di questo grande e misconosciuto regista.

domenica 5 aprile 2009

DELUDE IL "FIORELLO SHOW"

Di Diego Del Pozzo

Delusione profonda: è ciò che ho provato dopo aver guardato le prime puntate dell'attesissimo Fiorello Show, andato in onda sul nuovo canale satellitare SkyUno e promosso come evento di punta dell'intero palinsesto Sky.
Il mio primo pensiero, devo dirlo onestamente, è stato: "Ecco dove sono finiti i 5 euro di aumento del mio abbonamento! Altro che aumento dell'Iva dal 10 al 20 per cento!". Infatti, a parte l'investimento cospicuo fatto per l'ingaggio dell'artista siciliano, la prima cosa che colpisce del Fiorello Show è proprio il gigantismo: enorme tendone-studio, scritte a caratteri cubitali, palcoscenico immenso, telecamere come se piovesse e così via. Quanto sarà costato tutto ciò?
La domanda vera, però, è un'altra: valeva la pena, da parte dei vertici di Sky, fare un simile investimento? L'intero progetto sembra sballato, a partire dall'idea di collocare una striscia di 35 minuti alle ore 21.15, spezzando così il "prime time" e - di fatto - costringendo il telespettatore a mettere Fiorello in concorrenza con qualunque altro programma egli volesse vedere tra le 21 e le 23. Un format di questo tipo, secondo me, andava collocato o nel "pre-serale" in diretta concorrenza con Striscia la notizia oppure alle ore 23. Così facendo, invece, rischia di bruciarsi già soltanto a causa di una collocazione errata nel palinsesto. Tra l'altro, Sky ha subito adeguato anche la programmazione degli altri suoi canali, come dimostra, per esempio, la scelta bizzarra di proporre alle ore 22 (e non alle consuete 21) di domani l'attesissimo episodio inaugurale della quinta stagione della serie Lost. Un'altra questione che mi ha lasciato piuttosto perplesso, poi, è la scelta di Sky di aprire un canale dichiaratamente generalista, con gli show dello stesso Fiorello, di Giorgio Panariello e di Lorella Cuccarini: mi sembra, questa, una evidente contraddizione in termini, poiché la pay tv dovrebbe puntare esattamente all'opposto della televisione generalista, ovvero alla segmentazione e "specializzazione" dell'offerta.
Tornando alla delusione provata di fronte alle prime puntate del Fiorello Show, i motivi sono presto spiegati: gigantismo roboante e fine a se stesso, testi risibili - che fanno rimpiangere quelli realizzati in coppia con Baldini - e troppo autoreferenziali, battute vecchie e ben poco originali (esempio: quelle sul presidente del Consiglio), l'autentica storpiatura del David Letterman Show, un ritmo assolutamente mal calibrato, in definitiva uno scarso rispetto del pubblico e della sua intelligenza.

sabato 4 aprile 2009

IPSE DIXIT: WYNTON MARSALIS

"La creatività non te la devi guadagnare, ce l'hai da quando sei nato. Tutto quel che devi fare è riconoscerla e darle libero sfogo".

Wynton Marsalis
(Come il jazz può cambiarti la vita, Feltrinelli, 2009)

venerdì 3 aprile 2009

LA "CRISI FINALE" DI GRANT MORRISON

Di Raffaele De Fazio

Dopo una travagliata gestazione e dopo essersi persa due disegnatori per strada (J. G. Jones e Carlos Pacheco) si è conclusa, per l'editore americano DC Comics, la Final Crisis scritta dallo sceneggiatore scozzese Grant Morrison.
Nonostante questa miniserie di sette numeri - pubblicata tra luglio 2008 e marzo di quest'anno - fosse stata annunciata come il "crossover" definitivo per il DC Universe, nonché come la parola definitiva del genio di Glasgow sui supereroi creati da Jack Kirby per la DC, alla fine forse nemmeno i vertici della casa editrice hanno voluto puntare tutto su questo progetto. Il settimanale Countdown, che doveva fungere da prologo, in fin dei conti ha avuto poco o niente a che spartire con la miniserie principale, mentre l'altro progetto La morte dei Nuovi Dei di Jim Starlin è riuscito solo a complicare ancora di più l'esordio del progetto di Morrison, incentrato proprio su Darkseid e soci.
Comunque, la serie presenta forse una delle migliori opere di Morrison in ambito super-eroistico, una storia che si muove su più livelli, obbligandoti a rileggerla per afferrarne tutti i riferimenti, ricollegando tra di loro tutte le storie di quello che potremmo definire il "Morrison-verse", ovvero la sua piccola nicchia all'interno del DC Universe fatta di Sette Soldati, Velocisti Scarlatti, una perfetta comprensione del Mito Superman e, scusate se è poco, il Cavaliere Oscuro migliore degli ultimi anni; senza contare una passione sconfinata per tutti gli omini in calzamaglia di casa DC.
Forse il problema principale della serie è dato proprio dall'elaborata sceneggiatura di Morrison, troppo cervellotica per il lettore medio americano che nelle vendite, non a caso, ha premiato l'esile Secret Invasion della Marvel, sicuramente più semplice nella comprensione e, quindi, di maggiore fruibilità per qualsiasi scimmia/zombie di passaggio. La storia di Morrison, invece, si rivolge forse ad un pubblico più adulto (o forse più "europeo") di quello che generalmente frequenta i comic-shop americani e forse più abituato a storie di maggior profondità e concepite come opera unica e compiuta in sé. Anche se non possiamo dimenticare gli strascichi che Final Crisis lascerà, comunque, nel DC Universe per i mesi a venire, in particolare per Flash e per Batman, che proprio Morrison tornerà a scrivere da giugno, pare in compagnia del fido Frank Quitely e dell'ottimo Doug Mahnke.
Dunque, ora che tutti e sette i numeri della miniserie sono stati pubblicati, vi consiglio caldamente di recuperare Final Crisis quando uscirà in volume unico, un formato che meglio potrà valorizzare l'ottima sceneggiatura di Grant Morrison, il quale ancora una volta ci dimostra la differenza che passa tra un fumetto da leggere sul cesso e uno che vuoi leggere sulla tua poltrona preferita a quell'ora in cui il bimbo dorme e intorno a te si espande una foschia d'origine caraibica.

giovedì 2 aprile 2009

IERI SERA "MOURINHO NIGHT" DA CHIAMBRETTI

Di Diego Del Pozzo

La serata televisiva di ieri ha offerto ai calciofili un momento di grande interesse e godibilità: una tra le pochissime apparizioni catodiche di Josè Mourinho, il sempre polemico allenatore dell'Inter, al di fuori degli spazi obbligatori legati alle interviste post-gara. Il "vate" portoghese, infatti, è stato ospite della trasmissione di Piero Chiambretti in onda su Mediaset, che se doveva rivelarsi una sorta di "operazione simpatia" per il tecnico interista può dire di aver centrato solo parzialmente il bersaglio.
Comunque, una cosa è certa, anche dopo ieri sera: Josè Mourinho resta uno tra i pochissimi personaggi del mondo del calcio in grado di "bucare" letteralmente lo schermo, grazie alla bella presenza, allo sguardo magnetico e tenebroso, al broncio attoriale, ad atteggiamenti studiati nei minimi dettagli, a un linguaggio ricco e - perché no? - alle cose che dice, costantemente oscillanti tra estremo interesse e volgare provocazione.
Anche ieri sera,
l'allenatore portoghese ha tenuto fede al proprio personaggio, offrendo al pubblico - al di là della fede calcistica e della maggiore o minore condivisione di ciò che andava dicendo - alcuni momenti di grande televisione, così inusuale alle nostre latitudini. Che dire, infatti, della risposta data al conduttore che gli chiedeva se ritenesse di essere davvero antipatico? "Non è vero - ha detto serafico - che sono antipatico, e nemmeno che sono sempre incazzato. Neppure Gesù piaceva a tutti...".
Se dal punto di vista strettamente spettacolare, comunque, il momento più azzeccato mi è sembrato quello della studiata e imbronciatissima indifferenza ostentata mentre la showgirl scosciata e seminuda di turno gli ballava sensualmente intorno, devo dire che la parte più sorprendente della trasmissione, almeno secondo me, c'è stata quando Piero Chiambretti ha chiesto a Mourinho se, nel caso non riuscisse a vincere la Champions League nemmeno il prossimo anno, non pensasse di andare a lavorare in miniera. Ebbene, il portoghese non ha perso la sua sfrontatezza neanche di fronte a questa scherzosa provocazione e ha risposto sfoggiando persino competenze cinefile: "Ma perché - ha chiesto a uno sbalordito Pierino - tu che cosa hai fatto quando il tuo film non ha incassato come pensavi?".
Insomma, la notizia vera è che Josè Mourinho aveva preparato nei minimi dettagli anche la sua comparsata televisiva di ieri sera, studiando tutto del suo interlocutore e venendo a conoscenza persino del flop dell'esordio cinematografico di Chiambretti, il misconosciuto - per i comuni mortali, ma non per Josè Mourinho da Setubal, Portogallo - Ogni lasciato è perso, pellicola del 2000 di rara bruttezza e insignificanza.

mercoledì 1 aprile 2009

IL MONDO REALE E' PIU' FALSO DEL WRESTLING

Di Vincenzo Esposito

Randy, detto l'Ariete (Mickey Rourke), è un lottatore di wrestling che si è da tempo lasciato alle spalle i suoi giorni di gloria. Alla fine del film di Darren Aronofsky che lo vede protagonista (The Wrestler, appunto), lo ritroviamo in piedi su un angolo del ring, pronto ad esibirsi nella sua migliore tecnica aerea di combattimento, un segno distintivo che nel corso degli anni gli ha sempre regalato la vittoria finale. Dopo aver combattuto un match intenso e dolorosissimo, sta per scatenare l'ariete, un tuffo a caduta libera che dovrebbe schiacciare al suolo il suo avversario. Si lancia dalle corde, e finisce "fuori campo". The Wrestler termina con un finale aperto, lasciando il pubblico nelle sapienti mani di Bruce Springsteen, la cui omonima canzone conclusiva dà luce all'oscurità dello schermo su cui scorrono i titoli di coda, e trasforma il "fuori campo" in una chiara immagine steinbeckiana: "Hai mai visto uno stupido pony libero e felice su un prato? Se lo hai visto, allora hai visto me / Hai mai visto un cane zoppo che se ne va per la sua strada? Se lo hai visto, allora hai visto me", canta Springsteen; ma in realtà è la voce "acusmatica" di Randy che parla, e spiega come si sente un combattente un po' in là con l'età dopo l'immersione in un mondo extra-diegetico. Si sente libero e felice, come un pony stupido o un cane zoppo: un personaggio deformato, proprio come quelli dipinti da John Steinbeck nei suoi romanzi. "Al contrario - scrive Roland Barthes - all'interno del ring, il Wrestler rimane un Dio, perché è, per alcuni momenti, la chiave che svela la Natura, il gesto puro che separa il Bene dal Male, e svela la forma della Giustizia, rendendola intelligibile" (Roland Barthes, "Il mondo del Wrestling", in Miti d'oggi, Torino, Einaudi 2005).
Viene da chiedersi, allora: cos'è reale? Il ring o il mondo deformante al di fuori di esso?
Il wrestling non è uno sport competitivo, questo lo sanno tutti, probabilmente non è neanche uno sport. E' solo uno spettacolo dell'eccesso; ma non è più falso delle soap opera, delle partite di football in televisione, o dei reality show. E' qualcosa che va oltre la semplice falsità, perché come direbbe Mick Foley - ex campione e autore di alcuni best seller sull'argomento - "Il mondo reale è più falso del Wrestling" (Mick Foley, Foley is Good: And The Real World is Faker Than Wrestling, New York, HarperCollins 2001).
Che ci piaccia o meno, questo è quanto sembra affermare Darren Aronofsky con il suo ultimo film.
The Wrestler è una pellicola girata col piglio artigianale del cinema americano degli anni Settanta, che racconta la storia di un uomo che ama definirsi "un ammasso di carne macellata": un prodotto scaduto della Reaganomics - aggiungiamo noi - consumato dai falsi valori (e dalla mediocre musica) degli anni Ottanta; un relitto fermamente convinto di aver visto iniziare la sua deriva in "quei fottuti anni Novanta"; e che si ritrova, in ultimo, relegato ai margini della Obamanomics del nuovo millennio.
"Il Wrestling - scrive sempre Barthes - ha il potere della transustanziazione, comune anche alla pratica religiosa". Non c'è dubbio che i segni metafisici di Randy - ovvero le sue innumerevoli cicatrici - hanno il potere di trasformare un corpo martoriato in una consunta pagina di storia americana. Nel corso di oltre 25 anni di carriera, l'Ariete ha imparato a far recitare il suo corpo, a renderlo credibile di fronte al pubblico, e a mutare le sue mosse predeterminate in segni fenomenologici. Vividi oggetti del mondo reale: come la fatiscente roulotte in cui è costretto a vivere; lo squallido supermarket presso il quale lavora durante la settimana; l'impossibile relazione con una figlia che gli è ormai estranea; la spogliarellista che crede di amare; il vecchio gioco Nintendo col quale si diverte come un bambino. Vividi, come i fottuti falsi totem dell'era Reagan che hanno trasformato i sogni in incubi.